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mercoledì, dicembre 23, 2009

Cercare il Natale



In uno dei suoi bellissimi sermoni, quello per il Natale del 1618, il vescovo Lancelot Andrewes (1555-1626) costruisce il discorso a partire da questa osservazione: “Nel messaggio dell'angelo ci sono due parti: 1. la nascita, e 2. il ritrovamento. Perché questa è una festa doppia: non solo la festa della sua nascita, ma anche la festa del suo ritrovamento. Per questo l'angelo non conclude l'annuncio con è nato per voi, ma dice altro: lo troverete.
Non basta dire Cristo è nato, ma, per ricavare un vantaggio da questa nascita, noi dobbiamo trovarlo. È nato è la parte che fa lui: lo troverete è la nostra. Se non lo troviamo è come se non fosse nato. Per noi, per tutti. Nasce per noi quando noi lo si conosce”.
E per il vero, i racconti evangelici dell'infanzia sono più preoccupati di farci sapere non come e dove Gesù è nato, ma come e da chi viene “trovato”. E questo spiega ancora una volta perché i vangeli non sono soltanto “storia”, ma anche una testimonianza di fede, o se vogliamo, sono “la storia di chi, come, e perché ha creduto” che nel bambino di Betlemme, così come nel condannato morto in croce, risplendeva la gloria di Dio.
Tra le figure che popolano il Natale ne emergono tre che rappresentano diverse situazioni e diversi modi di rispondere alla “notizia”: sono i pastori di Betlemme, i Magi venuti dall’oriente, e i vecchi Simeone e Anna. Sono, se si vuole, tre figure di poveri: i pastori per statuto sociale, i Magi per la loro non appartenenza al popolo di Israele, i vecchi per ragione anagrafica come persone che non hanno più niente da dire né da dare.Letti in sequenza mostrano tre atteggiamenti che sono alla base di ogni cammino di fede: lo stupore/sconcerto di fronte all'imprevedibile, la fatica della ricerca, la pazienza dell'attesa.

(Riflessioni di don Domenico Pezzini tratte da Acqua di Fonte n.49 del Dicembre 2008)

Luce gentile (Lead, Kindly Light)
Conducimi tu, luce gentile conducimi nel buio che mi stringe;la notte è scura la casa è lontana,conducimi tu, luce gentile.
Tu guida i miei passi, luce gentile non chiedo di vedere assai lontano mi basta un passo solo il primo passo conducimi avanti luce gentile.
Non sempre fu così, te ne pregai perché tu mi guidassi e conducessi da me la mia strada io volli vedere adesso tu mi guidi luce gentile.
Io volli certezze dimentica quei giorni,purché l’amore tuo non m’abbandoni finché la notte passi, tu mi guiderai,sicuramente a te luce gentile.
Conducimi tu, luce gentile conducimi nel buio che mi stringe;la notte è scura la casa è lontana,conducimi tu, luce gentile.
(Card. John Henry Newman, Sicilia 1832)

venerdì, aprile 10, 2009

Venerdì di passione




E' il venerdì santo per quasi tutti i cristiani (otodossi esclusi), il momento più drammatico nell'economia della salvezza: la morte di Dio. Per secoli, dopo quella fine cruenta, è passata l'idea, già del resto intuita, che è necessario soffrire per arrivare alla felicità, anzi più si soffre più quella è certa. La vita, quella terrena, ridotta ad un'espiazione continua in vista dell'eternità futura, spesa a piangere la colpa del peccato inevitabile, umano. Il dolore quale passaggio obbligato ha influenzato anche il pensiero più riluttante a confrontarsi con la fede, accettato e condiviso in una pedagogia dell'esistenza tramandata di generazione in generazione. Auschwitz, simbolo del dolore assolutamente innocente e gratuito , ha cambiato le carte in tavola, riproponendo un'interpretazione diversa, più favorevole all'uomo, dello stesso concetto di Dio e perciò dell'esistenza umana, non più da espiare, ma al contrario da vivere nel migliore dei modi senza fuorvianti complessi di colpa. Il limite appartiene alla natura e dunque allo stesso uomo, protagonista e non comparsa della sua vita. Il Dio che muore in questo venerdì santo 2009, che è di lutto per il Paese, sembra essere il Dio che condivide sì con le sue creature il peso opprimente del limite, ma nello stesso tempo lo sollecita a non perdersi d'animo compiangendosi. Dopo i giorni del lutto diventa un imperativo rialzarsi per riprendere il controllo della storia. Il riconoscimento delle responsabilità personali e sociali è il punto di partenza di ogni ricostruzione sensata, perchè la storia serva da lezione. Le vittime, nome per nome, ci inchiodano alla croce del limite, ma ci costringono anche a cercare nuove strade che offrano garanzie fondate per tutti. Se ha senso nominare la Speranza in questi giorni dipende solo da noi, dal significato che le attribuiremo come singoli e come popolo. Il Dio crocifisso resta lì a testimoniare una straordinaria possibilità di resurrezione.

venerdì, gennaio 02, 2009

Sesso sacro



"Quando riconosciamo che siamo uno spirito incarnato in un corpo umano e che è così per tutti,capiamo allora che il nostro corpo è sacro e che la sessualità è assai più di un semplice mezzo per raggiungere il piacere: è un atto sacro."



Tranquilli, non siamo noi quelli nella foto: non oseremmo mostrarci così sul blog. Però accompagna bene la frase della grande Sobonfu, perchè racconta la nostra situazione.

In Occidente i "saggi" sono ancora troppo occupati a disquisire sui soggetti che fanno sesso (se possono farlo o no)per riconoscere la grandezza e la sacralità dello stesso.

Anni fa una teologa italiana aveva osato un'accattivante tesi sull'argomento: " Il godimento sessuale donato all'uomo si radica in ciò che lo costituisce nel profondo, nel suo essere creatura relazionale, nel suo entrare totalmente in comunione con l'altro che è quanto di più vasto e profondo sia dato a creature limitate dalla fisicità. E il godimento di Dio, o meglio, il godimento che Dio è, sgorga dalla profondità divina della sua essenza trinitaria" (C.Jacobelli, Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale, Queriniana). L'orgasmo nell'esperienza umana è quanto di più simile alla beatitudine (di cui è anticipazione) che sperimenteremo senza fine nell'eternità, questa era la sua conclusione. Naturalmente prendeva in considerazione solo il sesso canonico, tra maschio e femmina,ma era comunque già un'affermazione impegnativa, poco simpatica ai cattogerarchi che, come si sa, hanno rinunciato volontariamente all'esercizio della genitalità .

La sacralità del sesso impegna comunque a viverlo responsabilmente, in allegria e libertà ma con la consapevolezza e la serietà che conviene a tutto ciò che è importante. Cioè con amore, che sarebbe il massimo, o almeno col rispetto dovuto alla dignità dell'altro/a e naturalmente di se stessi.

mercoledì, agosto 13, 2008

La bellezza meglio della verità


"Non essere sorpreso dalla diversità. Non avere paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo come un dono di Dio. Prova ad essere capace di ascoltare cose molto diverse da quelle che normalmente pensi, ma senza giudicare immediatamente chi parla. Cerca di capire che cosa ti viene detto e gli argomenti fondamentali presentati. Come dice San Paolo: «Esamina tutto con discernimento; conserva ciò che è vero; astieniti da ogni specie di male» (1 Ts 5:21-22). Corri dei rischi. La fede è il grande rischio della vita. «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt. 16,25). Tutto deve essere dato via per Cristo e il suo Vangelo. Sii amico dei poveri. Metti i poveri al centro della tua vita perché essi sono gli amici di Gesù che ha fatto di se stesso uno di loro. Alimentati con il Vangelo. Come Gesù ci dice nel suo discorso sul pane della vita: «Perché il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv. 6,33). ".
Queste le attitudini necessarie secondo il card.Martini per affrontare le sfide del mondo postmoderno in "Quale cristianesimo nel mondo postmoderno" ,articolo pubblicato lo scorso 27 luglio 2008, ma tratto da una conferenza del 3 maggio 2007 .
Interessante e precisa l'analisi della mentalità contemporanea "che si distacca spontaneamente dalla metafisica, dall'aristotelismo, dalla tradizione agostiniana e da Roma, considerata come la sede della Chiesa, e da molte altre cose". "Questo è un mondo in cui sono prioritari la sensibilità, l'emozione e l'attimo presente" e si oppone perciò ad un mentalità eccessivamente razionale e centralistica che pretenda di dirigere le cose dall'alto. :"si preferisce ogni forma di dialogo e di scambio per il desiderio di essere sempre aperti agli altri e a ciò che è diverso, si è dubbiosi anche verso se stessi e non ci si fida di chi vuole affermare la propria identità con la forza. Questo è il motivo per cui il cristianesimo non viene accolto facilmente quando si presenta come la 'vera' religione".
Eppure "Forse questa situazione è migliore di quella che esisteva prima. Perché il cristianesimo ha la possibilità di mostrare meglio il suo carattere di sfida, di oggettività, di realismo, di esercizio della vera libertà, di religione legata alla vita del corpo e non solo della mente. In un mondo come quello in cui viviamo oggi, il mistero di un Dio non disponibile e sempre sorprendente acquista maggiore bellezza; la fede compresa come un rischio diventa più attraente. Il cristianesimo appare più bello, più vicino alla gente, più vero".

martedì, luglio 22, 2008

Leggendo



Aria frizzante anche stamattina. Lo diventa ancora di più dopo aver dato un'occhiata ai giornali:

Serbia, catturato KaradzicFine del «boia» dei Balcani; Tavaroli: "Ecco i miei dossierper Tronchetti Provera"; Fini-Bossi, è duello sull'inno d'ItaliaE Berlusconi: «Umberto, toni bassi»; "La Camorra voleva comprare la Lazio"10 arresti, ordine di custodia per Chinaglia; Tagli, la Sapienza minaccia: "Non riapriamo".


Solo alcune notizie, sufficienti però a movimentare questa strana estate 2008. E poi c'è Eluana... Riporto alcune riflessioni di Hans Küng (già collega di Ratzinger alla prestigiosa università di Tubinga) sulla morte, tratte da "Credo", opera che rilegge appunto il credo per l'uomo di oggi alla luce delle moderne conquiste della filosofia e della scienza ( ed. Bur,2003):

"[...]la discussione sull'eutanasia, almeno per i credenti, deve essere portata su un altro piano: proprio chi è convinto che l'uomo non muore assurdamente nel nulla, ma in una realtà ultima e prima, si assumerà la responsabilità personale con minore ansia, sia esso medico o paziente.

- Il medico deve fare di tutto per guarire l'uomo ma non per rinviare la morte tra tormenti spesso insopportabili e attraverso tecniche artificiali;
- Una terapia resta sensata solo finchè non porta a un puro vegetare, ma alla riabilitazione e al ristabilimento dell'intera persona umana;
- Il malato stesso (o in caso si dia impossibilità i famigliari e i medici, dirà l'autore in un altro passaggio...) ha il diritto di rifiutare un trattamento mirante a prolungargli la vita;

- Il compito nei confronti del morente non dovrebbe esaurirsi in terapie mediche ma dovrebbe consistere nella dedizione umana di medici, infermieri, famigliari e amici".

martedì, luglio 15, 2008

Sereno (ma non per tutti)


Il forte vento di ieri ha spazzato tutte le nuvole lasciando il cielo terso, azzurrissimo. E' tornata l'estate dopo i violenti acquazzoni stile monsoni, che non pochi guai hanno provocato qui al nord. Il lago come il solito è esondato, ma questo è il meno.

A proposito del risarcimento che due Ministeri dovranno al giovane catanese ( a ragione criticato da Andrew) protagonista di un'assurda vicenda di discriminazione, leggo un'interessante idea di Elfobruno : "Un giudice riconosce nell'atto dei due ministeri una grave offesa e un oltraggio oggettivo nei confronti di un gay perché gli è stato impedito di guidare perché tale. Come si dovrebbe considerare e giudicare la cecità di politici e istituzioni nei confronti di certe richieste - quali le unioni civili, il matrimonio, la facoltà di adozione, la lotta alle discriminazioni - se consideriamo che in ballo non c'è una patente, ma un intero progetto di vita, un'identità e la dignità e l'auspicabile felicità che ne conseguono?In altre parole: se lo Stato, attraverso i suoi politici, impedisce alle persone GLBT di vivere con dignità - e una persona vive con dignità quando può estrinsecare il suo essere nella sua completezza, anche affettiva e relazionale - è criminale e va condannato.".

Da qui l'appello ai movimenti glbt perchè intentino azioni legali contro lo Stato, reo appunto di impedire il pieno sviluppo della vita di alcuni suoi cittadini. Mi sembra una buona proposta. Chissà che con un obiettivo concreto da perseguire l'Arcimancuso desista dall'intasare le caselle postali di mezza Italia con comunicati inutili. Due piccioni con una fava, come si dice!


Gionata invece propone due illuminanti riflessioni su altrettanti passi biblici (Isaia 56,3-5 e Atti 8, 26-40 ) in cui appare la grandezza di Dio che, superando le tradizionali regole giudaiche, non guarda all'orientamento sessuale,non al sesso delle sue creature e nemmeno all'appartenenza al popolo eletto: ciò che unicamente conta è accogliere la Sua volontà e farla propria. Le discriminazioni all'interno delle Chiese sono volute dagli uomini e non da Dio: fa bene ricordarlo ognitanto.

Da Mel apprendo che oggi è il compleanno del nostro comune amico, Francesco di Lampedusa. Anche da noi tre tantissimi auguri, Francesco! Sabato prossimo Peppo sbarcherà nella tua bell'isola (anche ieri purtroppo funestata dall'ennesimo naufragio di poveri cristi) alla guida di un gruppetto di simpatici comaschi: Dario, Fausto e la bella Ros. Sarà un po' come se con loro ci fossimo anche noi. Un triplice bacio!
Foto: bellissimo scorcio di Lampedusa "scattato" naturalmente da Francesco

lunedì, febbraio 25, 2008

Quaestiones theologiae





Finalmente un po' di dibattito teologico nella Chiesa cattolica, ben poco abituata, nonostante le dichiarazioni di principio, al pluralismo che, col solo fatto d'esistere, metterebbe in crisi la rigida monocrazia gerarchica. A sollevare la discussione è Vito Mancuso, docente di Teologia moderna e contemporanea alla facoltà di filosofia dell'Università San Raffaele di Milano, università privata ma non pontificia, situazione che rende il Mancuso libero da giuramenti di fedeltà alla dottrina ufficiale. In quanto laico poi non ha mire carrieristiche all'interno della gerarchia, per cui la sua ricerca è del tutto svincolata da preoccupazioni mondane . In pochi mesi il suo libro,"L'anima e il suo destino" , ha pubblicato sette edizioni e ha venduto in Italia 80 mila copie, che per un libro di teologia sono tantissime. L'ex S.Uffizio è già partito lancia in resta,non direttamente ma attraverso terzi, non potendo esercitare alcuna autorità sul teologo milanese , stroncandolo in contemporanea sul giornale della S.Sede e sull'organo ufficiale della stessa,La Civiltà cattolica (chiesa). Il card.C.M.Martini nella prefazione ne raccomanda vivamente la lettura , nonostante alcune idee "che non sempre collimano con l'insegnamento tradizionale e talvolta con quello ufficiale della Chiesa", perchè:"Sarà difficile parlare di questi argomenti senza tenere conto di quanto tu hai detto con penetrazione coraggiosa. […] Anche quelli che ritengono di avere punti di riferimento saldissimi possono leggere le tue pagine con frutto, perché almeno saranno indotti o a mettere in discussione le loro certezze o saranno portati ad approfondirle, a chiarirle, a confermarle”. Un libro quindi che fa pensare i credenti, cosa non del tutto usuale di questi tempi. Significativo che la prima stroncatura arrivi, dalle pagine de L'Osservatore romano, dal vescovo e teologo B.Forte, molto vicino (in passato?) a Martini e convinto sostenitore di una teologia che raccolga le provocazioni della storia e del mondo per darne un senso "altro", che faccia riflettere autentici credenti e no , accomunati (credenti e atei appunto) proprio dalla incessante attività del pensiero.Si vuole forse provare la fedeltà ortodossa di Forte a Ratzinger, che da dietro le quinte continua a dirigere il S.Uffizio, in vista di nuovi traguardi per il teologo napoletano? Tutto è possibile. Stiamo comunque assistendo ad una disputa importante, anche se consumata coi toni sommessi della gerarchia, che tende a mettere in sordina tutto ciò che compromette l'indiscutibile autorità del monarca. Vedremo, intanto si impone la lettura di Mancuso anche perchè l'argomento è tra i più inquietanti che l'uomo da sempre si pone: la morte e l'al di là della morte, se qualcosa ci sarà. L'autore si rivolge direttamente alla coscienza laica, quella parte della coscienza, presente in ogni uomo, credente o non credente, che cerca la verità per se stessa, senza appartenenza alcuna, senza forzature ideologiche di alcun tipo. Perchè la vera laicità ritiene determinante e conclusivo non il principio di autorità, ma la luce della coscienza, "ultima arbitro delle nostre scelte".