Oggi è la festa di sant'Abbondio, patrono di Como e della diocesi. Di lui si sa poco, non si conosce l'origine, la data di nascita e perfino quella di morte. Si sa che divenne vescovo di Como il 17 novembre 440, ma fu subito inviato da papa Leone I Magno a Costantinopoli, forse per la sua perfetta conoscenza del greco, per risolvere i conflitti dottrinali provocati dal vescovo Nestorio (Theotokos e duofisismo) e dall'archimandrita Eutiche (monofisismo). Risolta brillantemente la questione delle due nature di Cristo, tornò finalmente sul Lario dopo il 451 e incominciò a tempo pieno un'intensa evangelizzazione delle zone montane spingendosi oltre Lugano. Questa la storia di Abbondio, diplomatico, teologo e missionario.
E oggi, 1600 anni dopo, a Como che succede, che aria tira? Certo non c'è un vescovo simile (v.blog del 17 luglio), non c'è nemmeno l'entusiasmo che allora, immagino, caratterizzava i neofiti lariani e che probabilmente riversavano in ogni campo della vita sociale. C'è piuttosto aria di "scazzo". La vita della città e della stessa provincia è percorsa da una sorta di abbandono disperato (senza speranza), di fatalismo rassegnato, condannato all'inazione. A nulla servono le mal organizzate iniziative degli amministratori, i proclami di rilancio e rinnovamento continuamente sbandierati e mai realizzati. Salvo qualche eclatante flop come il parcheggio del S.Anna o le imprese autoreferenziali per promuovere se stessi. Da anni, grazie agli stessi comaschi, la gestione della cosa pubblica è affidata a persone incapaci anche solo di pensare in termini di Bene comune.
Intanto l'immenso patrimonio naturale, turistico, artistico, culturale e umano si logora poco alla volta. Insomma, un quadro davvero poco incoraggiante che non offre ragioni per fare festa, quasi avessimo confuso il grande vescovo Abbondio con il codardo e remissivo curato manzoniano in cui meglio, pare allo stato dei fatti, si rispecchia l'anima della maggioranza dei lariani.
E oggi, 1600 anni dopo, a Como che succede, che aria tira? Certo non c'è un vescovo simile (v.blog del 17 luglio), non c'è nemmeno l'entusiasmo che allora, immagino, caratterizzava i neofiti lariani e che probabilmente riversavano in ogni campo della vita sociale. C'è piuttosto aria di "scazzo". La vita della città e della stessa provincia è percorsa da una sorta di abbandono disperato (senza speranza), di fatalismo rassegnato, condannato all'inazione. A nulla servono le mal organizzate iniziative degli amministratori, i proclami di rilancio e rinnovamento continuamente sbandierati e mai realizzati. Salvo qualche eclatante flop come il parcheggio del S.Anna o le imprese autoreferenziali per promuovere se stessi. Da anni, grazie agli stessi comaschi, la gestione della cosa pubblica è affidata a persone incapaci anche solo di pensare in termini di Bene comune.
Intanto l'immenso patrimonio naturale, turistico, artistico, culturale e umano si logora poco alla volta. Insomma, un quadro davvero poco incoraggiante che non offre ragioni per fare festa, quasi avessimo confuso il grande vescovo Abbondio con il codardo e remissivo curato manzoniano in cui meglio, pare allo stato dei fatti, si rispecchia l'anima della maggioranza dei lariani.
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