mercoledì, agosto 30, 2006

Tolleranza sì o no?


Riporto parte dell'intervento di Donatella, marinaia di Imbarco immediato, sul forum del sito ( http://www.imbarcoimmediato.ch/forum/leggi.asp?id=1263)
"(...) E noncredo nemmeno che si debba rivendicare la tolleranza …. Chespero
siate d’accordo tutti che è una gran brutta parola. Io tollero i calli,
lezanzare,l’afa, le polveri fini, i cani che abbaiano, le code alla cassa, l’IVA
ela dichiarazione fiscale. Quindi la tolleranza non mi piace! Non mi fido dichi
tollera i gay e le lesbiche, non mi fido di chi tollera la gente di colore….Non
mi fido di chi dice di essere tollerante. Io non voglio essere tollerata!Io
voglio di più per me e per tutti quelli che come me vengono insultatie
malmenati. Io voglio rivendicare forte e chiaro il diritto diessere
semplicemente quello che sono! Gay, lesbica, trans, bi,eterosessuale,straniera,
clandestina, rifugiata o semplicemente diversa daglialtri. E quindi vado avanti
e sorrido alla vita e ogni tanto ballo e volo.".

Tollerare è un verbo molto usato nella nostra società che si dichiara a parole pluralista e multietnica. Sta di fatto che il significato originario di "tollerare" è essenzialmente "sopportare", “sopportare le persone che non sono cristiane, che non possiamo pensare di convertire al Cristianesimo: musulmani, pagani o ebrei" (Tommaso d’A.). Nel corso della storia europea, dal Cinquecento in poi, si è sviluppata un’ altra idea: "tollerare" significa "comprendere", quindi accettare le differenze, apprezzarle e qualche volta perfino amarle. Molto spesso si legge sui testi che sostengono la tolleranza nell'Europa moderna: "Se siamo cristiani , se il Cristianesimo è soprattutto amore, dobbiamo amare coloro che tolleriamo, che sono diversi da noi".C'è quindi un problema di spartiacque tra il "tollerare" come "sopportare" e il "tollerare" come "accettare" nel senso forte di questo termine. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'Europa e tutto il mondo occidentale industrializzato, ha attirato persone provenienti da civiltà diverse, con usi e costumi diversi, in un ambiente in cui c'era un alto grado di tolleranza e in cui ciascuno pensava di poter manifestare le proprie diversità. Probabilmente l'Europa, col tempo, si è scoperta un po' meno tollerante di quello che credeva di essere, forse perchè ha proposto un modello di tolleranza a persone che venivano da civiltà nelle quali quest' idea non si era sviluppata, certamente comunque perchè si è trovata ad affrontare un vero e proprio flusso migratorio di popoli, come tanti altri del passato, capace di mettere in crisi le identità nazionali.
La tolleranza è un'idea rischiosa: ciascuno si mette in gioco. Questo provoca punti di rottura, conflitti che sono sotto gli occhi di tutti e che finiscono con l’ incidere sulla mentalità della gente e quindi sull’uso stesso delle parole. Credo ormai che nell’accezione comune, non certo negli interventi pubblici e teorici, “tollerare una persona” sia da interpretare nel suo significato originario di “sopportare una persona”. E sarebbe comunque purtroppo da considerare già positivamente, stando ai sempre più frequenti episodi di intolleranza (non sopportazione) registrati dalla cronaca. Ha proprio ragione Donatella: siamo tornati indietro e nella parola "tolleranza" è tornata prepotente la connotazione negativa dell'oggetto dell'azione di tollerare. Se si tollera qualcosa, implicitamente, la si riconosce come male: di fatto è la mancata accettazione di ciò che si ritiene diverso. Che è all'origine della stessa intolleranza.

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