Nei giorni scorsi Ser, ispirato dalla sua amica Fabi, ha invitato gli amici a parlare delle loro storie d'amore, aneddoti e cose varie. In particolare, a Mau ha chiesto di parlare della sua decennale convivenza con l'altro Mau, a me dei miei recenti "amori" (indigeni e non) avuti in terra cubana.
Mau ha raccolto subito la sfida; io, invece, ci ho messo un po' a chiarirmi le idee su cosa scrivere. Alla fine ho preferito non incentrare la testimonianza sugli "incontri" avuti nelle tre settimane passate in giro per l'intera Cuba. Infatti, pur essendo state brevissime relazioni dettate dalla spontaneità e dalla naturalezza della passione, per diversi fattori non le posso considerare nemmeno delle relazioni in erba, o storie che fossero in qualche modo destinate ad avere un futuro.
Ho scelto quindi di parlare di me, della mia esperienza di vita, dei miei "amori". O meglio, dei miei "non amori" .
Come Mau, anche io ho sprecato i primi anni della mia vita senza poter sperimentare la vita di relazione omosessuale. Contrariamente a lui, non è stato tanto perchè non avessi coscienza del mio essere gay; avevo paura di espormi al giudizio di chi mi stava vicino e della società , paura di esporre i miei sentimenti amorosi a sicuri - così almeno credevo - rifiuti e derisioni.
Abitando in una città di provincia, fin dall'adolescenza ho deciso di adottare la tattica del vivere di nascosto la mia sessualità , di non condividere la mia situazione con nessuno, di non dare spiegazioni o indizi sulla mia vita sentimentale. Non ho però cercato di crearmi coperture con finte fidanzate: le avrei ingannate e giocato con i loro sentimenti.
Non ho avuto problemi ad accettarmi per quello che ero, mi sono semplicemente imposto di aspettare a svelarmi.
Ritenevo che col tempo sarei cresciuto; con l'acquisizione di una mia indipendenza socio-econmica avrei acquisito anche quella emotiva e, magari, anche la società sarebbe stata più pronta e tutto sarebbe stato più facile.
A tutt'oggi - ho ormai superato i trenta - il mio approccio è cambiato, ma non ho ancora condiviso con miei genitori tutto questo. Per questo importante passo, ho deciso di attendere fino a quando non ci sarà una persona per cui varrà la pena di sconvolgere la loro vita.
Però, pur avendo fatto lo struzzo, non sono comunque stato completamente nascosto. Ho avuto le mie esperienze sessuali fin da adolescente. Con amici, con qualche compagno di scuola, di università; ma erano solo persone in cerca di nuove esperienze o sperimentazioni sessuali. Non sono mai state relazioni affettive. E io non sentivo il bisogno di andare oltre. Ho colto le opportunità che mi si presentavano senza interrogarmi sul futuro.
Ho sfruttato i miei frequenti e a volte lunghi soggiorni all'estero (per motivi di studio o di turismo) per fare esperienze lontano da chi mi conosceva, in società maggiormente gay friendly o open mind. Ma anche in queste occasioni in cui mi "lasciavo trasportare, non mi sono mai svelato completamente; non sono mai uscito dal rigore che mi ero imposto in patria.
Invece in Italia, con la mia tattica dello struzzo che nasconde la testa sottoterra, ero arrivato a cancellare qualsiasi desiderio di avere una storia, al punto da cancellare alcune evidenze.
Ad esempio, per anni non ho avuto coscienza di un fatto molto importante: il mio attaccamento a Luca, un compagno di liceo, era in effetti un vero e proprio "amore". Sapendo che non sarebbe potuto esserci niente tra di noi, il mio inconscio per non farmi soffrire si rifiutava di farmelo vedere per quello che in realtà era.
Solo a dieci anni dalla fine del liceo, ho capito come stavano le cose.
Luca è sempre stato come i gatti, sempre a difendere la propria autonomia e indipendenza. Invece io, pur non essendo uno dei compagni con cui avesse grandi affinità o fosse maggiormente in confidenza, ne cercavo costantemente in maniera velata la vicinanza e l'approvazione indiretta al mio agire. Soffrivo quando mi accorgevo che eravamo su due piani diversi, e la cosa non era per niente indolore. Lui era - ed è tuttora - una persona abbastanza cinica e drastica nei giudizi, per cui il mio rimettermi al suo giudizio era masochismo puro.
Adesso che so come stavano le cose, non sto meglio. A Luca ho finalmente detto di me (ma non di cosa era stato lui per me); non se ne è fatto alcun problema, anzi, vuole trovarmi un fidanzato. Sono diventato addirittura l'unico degli ex compagni di liceo che cerca o sente regolarmente.
Ma se lo incontro, o solo lo incrocio in macchina, per alcuni giorni la mia vita è in subbuglio al punto da non riuscire nemmeno ad apprezzare il fatto di sapere che lui è dalla mia parte, che mi è vicino e, a suo modo, mi vuole bene.
Ecco da dove nasce la definizione che ho dato prima di "non amore".
Quanto al resto della mia vita, ha avuto poi una svolta in positivo nel 2003 con un altro "non amore". Ma questa potrebbe essere un'altra storia che, al momento, vi risparmio.
Ho voluto parlare ugualmente di una storia di "non amore" perchè, per conoscere il mondo gay, anche questa può essere una testimonianza significativa.
Mau ha raccolto subito la sfida; io, invece, ci ho messo un po' a chiarirmi le idee su cosa scrivere. Alla fine ho preferito non incentrare la testimonianza sugli "incontri" avuti nelle tre settimane passate in giro per l'intera Cuba. Infatti, pur essendo state brevissime relazioni dettate dalla spontaneità e dalla naturalezza della passione, per diversi fattori non le posso considerare nemmeno delle relazioni in erba, o storie che fossero in qualche modo destinate ad avere un futuro.
Ho scelto quindi di parlare di me, della mia esperienza di vita, dei miei "amori". O meglio, dei miei "non amori" .
Come Mau, anche io ho sprecato i primi anni della mia vita senza poter sperimentare la vita di relazione omosessuale. Contrariamente a lui, non è stato tanto perchè non avessi coscienza del mio essere gay; avevo paura di espormi al giudizio di chi mi stava vicino e della società , paura di esporre i miei sentimenti amorosi a sicuri - così almeno credevo - rifiuti e derisioni.
Abitando in una città di provincia, fin dall'adolescenza ho deciso di adottare la tattica del vivere di nascosto la mia sessualità , di non condividere la mia situazione con nessuno, di non dare spiegazioni o indizi sulla mia vita sentimentale. Non ho però cercato di crearmi coperture con finte fidanzate: le avrei ingannate e giocato con i loro sentimenti.
Non ho avuto problemi ad accettarmi per quello che ero, mi sono semplicemente imposto di aspettare a svelarmi.
Ritenevo che col tempo sarei cresciuto; con l'acquisizione di una mia indipendenza socio-econmica avrei acquisito anche quella emotiva e, magari, anche la società sarebbe stata più pronta e tutto sarebbe stato più facile.
A tutt'oggi - ho ormai superato i trenta - il mio approccio è cambiato, ma non ho ancora condiviso con miei genitori tutto questo. Per questo importante passo, ho deciso di attendere fino a quando non ci sarà una persona per cui varrà la pena di sconvolgere la loro vita.
Però, pur avendo fatto lo struzzo, non sono comunque stato completamente nascosto. Ho avuto le mie esperienze sessuali fin da adolescente. Con amici, con qualche compagno di scuola, di università; ma erano solo persone in cerca di nuove esperienze o sperimentazioni sessuali. Non sono mai state relazioni affettive. E io non sentivo il bisogno di andare oltre. Ho colto le opportunità che mi si presentavano senza interrogarmi sul futuro.
Ho sfruttato i miei frequenti e a volte lunghi soggiorni all'estero (per motivi di studio o di turismo) per fare esperienze lontano da chi mi conosceva, in società maggiormente gay friendly o open mind. Ma anche in queste occasioni in cui mi "lasciavo trasportare, non mi sono mai svelato completamente; non sono mai uscito dal rigore che mi ero imposto in patria.
Invece in Italia, con la mia tattica dello struzzo che nasconde la testa sottoterra, ero arrivato a cancellare qualsiasi desiderio di avere una storia, al punto da cancellare alcune evidenze.
Ad esempio, per anni non ho avuto coscienza di un fatto molto importante: il mio attaccamento a Luca, un compagno di liceo, era in effetti un vero e proprio "amore". Sapendo che non sarebbe potuto esserci niente tra di noi, il mio inconscio per non farmi soffrire si rifiutava di farmelo vedere per quello che in realtà era.
Solo a dieci anni dalla fine del liceo, ho capito come stavano le cose.
Luca è sempre stato come i gatti, sempre a difendere la propria autonomia e indipendenza. Invece io, pur non essendo uno dei compagni con cui avesse grandi affinità o fosse maggiormente in confidenza, ne cercavo costantemente in maniera velata la vicinanza e l'approvazione indiretta al mio agire. Soffrivo quando mi accorgevo che eravamo su due piani diversi, e la cosa non era per niente indolore. Lui era - ed è tuttora - una persona abbastanza cinica e drastica nei giudizi, per cui il mio rimettermi al suo giudizio era masochismo puro.
Adesso che so come stavano le cose, non sto meglio. A Luca ho finalmente detto di me (ma non di cosa era stato lui per me); non se ne è fatto alcun problema, anzi, vuole trovarmi un fidanzato. Sono diventato addirittura l'unico degli ex compagni di liceo che cerca o sente regolarmente.
Ma se lo incontro, o solo lo incrocio in macchina, per alcuni giorni la mia vita è in subbuglio al punto da non riuscire nemmeno ad apprezzare il fatto di sapere che lui è dalla mia parte, che mi è vicino e, a suo modo, mi vuole bene.
Ecco da dove nasce la definizione che ho dato prima di "non amore".
Quanto al resto della mia vita, ha avuto poi una svolta in positivo nel 2003 con un altro "non amore". Ma questa potrebbe essere un'altra storia che, al momento, vi risparmio.
Ho voluto parlare ugualmente di una storia di "non amore" perchè, per conoscere il mondo gay, anche questa può essere una testimonianza significativa.
Ma
3 commenti:
Straordinaria anche questa testimonianza perchè evidenzia un atteggiamento che ci accomuna in molti. Marginalizzare un aspetto così importante della personalità quale è l'orientamento sessuale è il peso, che senza rendercene conto,ci sobbarchiamo per vivere "normalmente". Ma fa male perchè siamo costretti a tenerci dentro la sofferenza dei nostri "non amori", senza poterci sfogare come tutti gli altri esseri umani.E' un peso che non ci meritiamo.
Bella storia, un poco triste, ma davvero bella!
Credo che sia una situazione molto più frequente di quanto non si pensi: coloro che la vivono spesso provano vergogna a parlarne.
Forse potresti valutare l'opportunità di cominciare a parlare già da adesso della tua gayezza ai genitori, in questo modo avrebbero da "digerire" solo questo fatto, e non contemporaneamente anche la presenza di un compagno.
Così comincerebbero anche ad aspettarsi che prima o poi tu porterai a casa un uomo ed il loro destino sarà quindi di avere un genero e non una nuora!
E poi non ci sarebbe il rischio che vedano il tuo compagno come "il depravato che ha trascinato nel vizio il loro caro figlio, che prima non sapeva nemmeno il significato della parola gay" e che quindi possano avere del risentimento nei suoi confronti.
Se vuoi, considera questi aspetti.
Cari saluti,
Dino
Imparo ogni giorno di più, da voi, da quello che leggo... a volte mi sembra che esistano due mondi parallelli... uno che vive ( e lasciatemi dire "più falso") alla luce del sole ed un altro più duro ma più reale che vive di nascosto... vorrei vedere il giorno in cui la nostra attenzione si focalizzerà su cose ben più gravi che ci circondano... ho sempre detto e continuerò a ripeterlo che l'amore, in qualunque forma sia manifestato, ha il diritto di essere vissuto ed espresso apertamente!
un bacio
Claudia
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