giovedì, giugno 05, 2008

Non, Je Ne Regrette Rien


Aspettavo da tempo che trasmettessero il film “La vie en rose”, tratto dalla biografia di Edit Piaf. Una vita consumata in soli 48 anni. L’infanzia a dir poco tragica in un corpo esile ed emaciato nella miseria dei quartieri periferici di Parigi e nel bordello gestito dalla nonna paterna in Normandia. Poi la libertà nelle vie di Parigi, dove “il passerotto” incominciò a volare. Solo nel canto e nell’amore, perché nella vita molte cadute rovinose, incidenti e dolori caratterizzarono quel volto sofferente e quella voce liberatoria capace di toccare il cuore. Fu proprio quell’infanzia tormentata a renderla talmente sensibile da non distinguere il bene dal male. A renderla schiava dell’amore. Incapace di difendersi dai tormenti, tanto da distruggersi nell’alcool e nelle droghe. Cantò e scrisse l’amore in “Hymne à L'Amour”, dopo che il suo compagno morì in un incidente aereo. Trascorse gli ultimi anni di vita con un ennesimo amore, finalmente vero o forse immaginato tale, ma ultimo. Dopo aver visto il film, ho cercato vari documenti filmati e testimonianze sulla sua vita . E’ un mio parere, ma credo abbia incarnato l’amore, quello vero, quello che può provare solo chi si annienta, si elimina fino alla distruzione per rinascere ognivolta nell’amato. Soldi, case, macchine, vestiti per lei non contavano nulla. Solo una croce che l’accompagnava in tutte le esibizioni era l’unico gioiello veramente importante. Questo è quanto mi ha affascinato, al di là della bravura e delle emozioni che sapeva provocare con una canzone. Il fascino della purezza dell’amore, fatto di passione e dolore. Nello stesso tempo il passaggio dalla sofferenza all’amore nelle scelte che si fanno, anche sofferte, ma che poi anch’esse sono amore.


L’amore è anche sofferenza, la genera è inevitabile. Ma è l’unica strada percorribile per renderci ancora più forti e quindi davvero capaci di amare. Sofferenza, non disperazione. Anche noi novios non ne siamo indenni. Proprio l’essere in tre, come amplifica i forti sentimenti che ci uniscono, è inevitabile che amplifichi la stessa sofferenza, forse troppo. Io, in particolare, tendo ad essere travolto totalmente. A volte bastano delle sensazioni, delle piccole intuizioni, a farmi perdere il controllo della ragione e a diventare instabile ed in balia delle emozioni, quindi il più delle volte a cadere in errore. Poi, lo so, mi passa ma intanto calpesto la sensibilità di chi mi ama e la cosa mi fa stare male. Che sia solo sana paura nell’affrontare il nostro futuro? Paura che tutto finisca? Non lo so. Per fortuna certi pensieri - la paura -durano attimi, giusto il tempo di una sigaretta. E’ umano pensarlo come è umano, credo, aggrapparsi con ancora più forza a chi si ama, trovando nell’abbandono completo l’energia per andare avanti e lottare. Voglio abbandonarmi e quindi rinascere ogni volta nell’amore che ho la fortuna di assaporare in tutte le sue infinite forme. Senza rimpianti, che non hanno spazio nell'amore. (En)
Ecco una delle ultime apparizioni di Edit Piaf con la canzone "Non, Je Ne Regrette Rien". Bellissima ed emozionante.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Un bel tributo. Mi ha sempre attratto la forza aggessiva della sua voce. Mel

Anonimo ha detto...

Ascolto spesso Edit Piaf ed ogni volta mi trasmette con la sua voce delle emozioni che non riesco qui ad esternare con parole.
L'amore contiene in se una parte di sofferenza, quella parte che io definisco "gioiosa sofferenza".
In ogni tipo di amore, da quello umano a quello spirituale vi e' una parte di sofferenza che pur nella difficolta' del momento, con gli occhi del poi, puoi chiamare gioisa in quanto alimenta l'amore.
Io che ho sperimentato e sperimemto sia l'amore "umano" che quello "Divino" mi rendo conto che piu' amo e piu' tale sentimemto e' forte piu' affronto momenti di interiore sofferenza, quella che spiritualmente viene definita: "la notte oscura" ma se pur soffrendo sono gioioso perche' gia' pregusto la nuova alba che arrivera' quando anche questa notte sara' passata...
Dav

Anonimo ha detto...

Scusami Dav se ti chiedo una spiegazione:
Il concetto di "notte oscura" di cui parli consiste nel dolore dovuto ad un mancato ritorno dell'amore che dai (indirizzato sia a livello umano che divino), o meglio ad una mancata tua percezione di questo ritorno (che perlomeno a livello divino non dovrebbe mancare)oppure si tratta di tutt'altro, ad esempio di un amore di grande intensità ma ancora tutto sommato "fine a se stesso", cioè non ancora mirato in una precisa direzione e che quindi rimane in sospeso e diventa opprimente?

Probabilmente non sono stato chiaro.

E se la mia domanda ti sembra invadente e/o la sede non adatta a dare risposte dimmelo pure, capisco benissimo...

Saluti a tutti, Dino

Anonimo ha detto...

Interessanti le vostre riflessioni. La notte oscura, esperienza tipica dei mistici nel rapporto col divino,rappresenta sicuramente la 2a che hai scritto, Dino,cioè la mancata percezione umana del ritorno d'amore del divino. Ha una sua valenza positiva, pur dolorosa e non facilmente comprensibile, di esodo da se stessi per fare posto al "totalmente" Altro, che in quanto tale, esige una sorta di ascesi pedagogica.Ma è una realtà che certo voi già ben sapete. Piuttosto, l'esperienza della notte oscura a livello puramente umano mi pare invece decisamente negativa. Anche l'amore umano comporta un esodo/uscita da sè per accogliere l'altro, ma chiede necessariamente una risposta per non restare unilaterale e quindi appunto fine a se stesso.

Anonimo ha detto...

caro Dino,
ser ha ben spiegato il significato di notte oscura, e' quando pur essendo amato da Dio, non avverti l'amore e ti pare assente, lontano, distante, silente e Lui invece c'e' e' con te come sempre.
Percepire la notte oscura nel rapporto d'amore umano, sarebbe un "non amore", anche se il rinunciare in parte a se stessi, aprirsi e donarsi all'altro/altri, in una relazione amorosa e' fondamentale.Dav

Anonimo ha detto...

A Ser e Dav
Grazie ad entrambi per le risposte che mi hanno confermato quanto pensavo, ma non ne ero sicuro.

A volte mi trovo a vivere questa esperienza, non spesso, e la sua durata è di solito breve, poi "la luce ritorna" ed ogni volta è diversa da com'era prima di andarsene, come se la sua assenza sia una fase necessaria perchè si possa realizzare questo cambiamento. Quasi un intervallo tra due tempi di una rappresentazione.

Grazie ancora e cari saluti, Dino