lunedì, febbraio 09, 2009

Rompiamo il silenzio: firmiamo!


Oggi, come ieri, è una bellissima giornata. Solo per scaramanzia evito di pensare alla primavera, chè poi ripiombiamo nel bel mezzo di qualche tormenta di neve ritardataria. Col sole è più facile essere positivi anche se i tempi son quelli che sono. Ancora Chiesa e politici martirizzano Eluana e il suo papà: a nulla sembrano servire le riflessioni dei più illuminati come Giovanni Reale, filosofo cattolico, che ieri dalle pagine del Corriere ha pacatamente tentato di richiamare al buon senso umano quanti politicizzano una questione metapolitica. «La tesi portata avanti da molti uomini della Chiesa, e ora anche del governo, è sbagliata e va corretta.Nel caso di Eluana vedo un abuso da parte di una civiltà tecnologica totalizzante, così gonfia di sé e dei suoi successi da volersi sostituire alla natura.». Povera Eluana! Mi piacerebbe sapesse che la maggior parte degli Italiani è con lei ed il suo papà, ma non basta poter generare figli per averne la consapevolezza... Forse lo scoprirà solo dopo, nell'altra vita, appena smetteranno di accanirsi contro di lei.

Non è solo l'arroganza dei potenti in questo doloroso caso a preoccupare:"Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti.".
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.Ci corre l'obbligo di difendere la legalità, per questo rompiamo il silenzio e firmiamo l'appello QUI.
Per una volta lasciamoci coinvolgere, anche se la nostra vita scorre tranquilla tra le persone che amiamo e persino con un lavoro regolare e, fortunatamente, abbastanza sicuro. Basta aprire gli occhi per vedere che molti altri faticano a vivere, dimenticati da chi dovrebbe tutelare la dignità e con essa la vita di tutti, specie dei più deboli. E' così difficile essere uomini?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Riprendendo l'articolo linkato di Giovanni Reale, che fondamentalmente condivido, vorrei fare alcune considerazioni tra me e me... Preciso che esporrò concetti del tutto personali e che non contengono alcun giudizio nei confronti dei familiari di Eluana e delle persone che li assistono in questo doloroso iter.
Penso che "ragionevolmente" non si possa (e non si debba) esprimere pareri che pretendano di sviscerare la verità assoluta riguardo alla realtà della Englaro.
Chi può infatti stabilire quando un essere vivente lo è pienamente e quando invece cessa di esserlo? Qual' è la linea di demarcazione che "ragionevolmente" separa il concetto vita da quello di non più vita? Alcune situazioni di deterioramento psichico e fisico della senilità o proprie di patologie congenite appaiono assimilabili a quella di Eluana: ne hanno l'irreversibilità, il progressivo peggioramento e sono connotate da una totale non autosufficienza fisica, nemmeno nelle funzioni primarie del bere e del mangiare, oltre che mentale...
E lo stesso concetto di "vita" non è uguale per tutti e non può essere altrimenti. Nemmeno per il singolo individuo ha gli stessi contenuti nei diversi tempi e nelle diverse circostanze nelle quali si pensa ad esso. Quante volte abbiamo avuto modo di veder modificato il nostro atteggiamento e la nostra opinione alla luce delle nuove e variate esperienze di vita alle quali ognuno di noi quotidianamente è sottoposto, o semplicemente in base al nostro stato d'animo?
Mi chiedo quindi anche come possa una persona credere di sapere con certezza ciò che un altro desidera in questo preciso momento, nonostante in passato ( e soprattutto in una realtà totalmente diversa) abbia espresso una chiara opinione al riguardo. E quando il diretto interessato non è in grado di manifestare la sua decisione, forzatamente si può a volte decidere per lui, ma non per questo si deve automaticamente ritenere che si stia realizzando la sua volontà: c' è sempre un'interferenza più o meno pesante da parte della propria valutazione della realtà.
Si potrebbe anche dare un significato profondamente diverso alle due situazioni citate come esempio da Reale, quella di Welby e quella di Giovanni Paolo II: se è vero che l'uno desiderava attraverso il momento della morte andare "verso la" vita (quella vera, assoluta e definitiva), l'altro invece desiderava andare "via dalla" vita (per lui altrettanto definitiva). Quindi si tratta di due visioni concettualmente antitetiche ( e non assimilabili tra loro) della morte: una stessa porta può aprire oppure chiudere, in base all'atteggiamento e al desiderio di chi se ne serve.
Le mie considerazioni hanno l'unico scopo di evidenziare come non ci possano essere certezze nella gestione di un caso come questo, ma soltanto degli alibi legali, etici o ancora religiosi, spesso in antitesi tra loro...
Forse sarebbe opportuno astenersi dal dare giudizi su reltà che non si comprendono fino in fondo.
La Chiesa e lo Stato hanno il dovere di proporre linee di comportamento da tenere, ognuno dei due in maniera consona e coerente con il rispettivo ruolo di riferimento e guida per la collettività, ma non certo quello di fare un uso vergognosamente strumentale della vicenda come si sta vedendo in questi giorni.
Saluti a tutti,
Dino