mercoledì, ottobre 03, 2007

Tuffo libero



"Considero la vita una locanda, dove devo fermarmi fino all'arrivo della diligenza dell'abisso.Non so dove mi condurrà, perchè non so niente.Potrei considerare questa locanda una prigione, perchè in essa sono costretto all'attesa; potrei considerarla un luogo in cui socializzare, perchè qui mi ritrovo insieme ad altri. Non sono, però, né impaziente né spontaneamente naturale. Lascio a quello che sono,coloro che si chiudono nella stanza, mollemente sdraiati sul letto dove aspettano insonni; lascio a quello che fanno, coloro che conversano nelle sale, da dove musiche e voci giungono facilmente fino a me. Mi siedo alla porta e imbevo i miei occhi e orecchi dei colori e dei suoni del paesaggio, e canto sommessamente, solo per me, vaghe canzoni che compongo nell'attesa. Per tutti noi scenderà la notte e arriverà la diligenza.". (Pessoa, Il libro dell'inquietudine).

Si arriva prima o poi a riflettere sulla vita. E sulla morte, inevitabilmente. Magari qualcuno tenta di aggrapparsi alle tante distrazioni che questa realtà, così apparentemente perfetta, offre, giusto per evitare la fatica (e il dolore) di pensare. Pochi forse giungono, qualsiasi sia l'interpretazione personale, alla serenità dell'attesa ineluttabile.

Si respira ovunque il bisogno di omologazione, di scoprirsi integrati in un tutto che abbia il sapore della normalità, anche a costo di rinunciare al piacere della conquista personale, frutto appunto di sofferenza e sacrificio. E' molto più rassicurante l'immediato presente, anche se meschino e superficiale, vissuto in compagnia dei molti.

Un cinico giudizio nei confronti di chi osa faticose vie nuove è alibi alla pigrizia del pensiero. In realtà una abdicazione.

"La normalità è un focolare, la quotidianità è materna. Dopo una vasta incursione negli spazi della poesia, sulle vette dell’ispirazione sublime, sui picchi della trascendenza e dell’occulto, è confortante, e ha il sapore delle cose che nella vita danno calore, ritornare alla locanda dove felici ridono gli stolti, bere con essi, stolto anch’io, come Dio ci ha fatto, contento dell’universo che ci è stato dato, e lasciare il resto a coloro che scalano montagne per non fare niente sulla vetta."(ibid).

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