lunedì, dicembre 29, 2008

Il pane di ieri


Su segnalazione di Mel (Il pane di ieri) ho letto l'ultimo libro di Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose. Anch'io l'ho divorato tutto d'un fiato, certamente con una sensibilità ancora scossa dai recenti avvenimenti e perciò prontissima ad afferrare la trama dei racconti e dei volti rievocati per rivisitarli alla luce della mia storia personale. Si corre sul filo della nostalgia, col rischio di "rendere idilliaco ciò che in realtà non lo era affatto",ma è operazione necessaria per cogliere nel proprio passato le chiavi di lettura del presente e del futuro. Ognuno di noi è non solo quanto ha appreso, quanto ha costruito attraverso l'educazione e la cultura: è soprattutto gli eventi e i luoghi che ha vissuto,ma ancora di più le persone che ha incontrato, importanti o meno che siano state. C'è tutta una ricchezza, un patrimonio dentro di noi che non è quantificabile e che si può esprimere solo attraverso la nostra vita, le nostre scelte, il nostro modo di essere.

Uss fadìga a sté al mund, si fatica a stare al mondo, non è cosa facile da prendere alla leggera, non ci si può permettere superficialità ed incoscienza, perchè il tempo passa rapidamente. Fa' el to duvèr, cherpa ma va' avanti! è l'imperativo categorico fondamento dell'etica individuale. "Ognuno nella vita è chiamato a fare qualcosa, e quel qualcosa lo deve fare, è il suo dovere assoluto: esiste per ciascuno un compito che, per duro che sia,va svolto senza indugio, c'è un fine che va perseguito senza distrazioni" (fino a crepare). Ma ... Esagerùma nenta, nessuna esagerazione, senza strafare. Di fronte alla durezza della vita, i tanti dolori e le sofferenze, occorre porre un limite per non farsi travolgere l'intera esistenza: L'è questiòn'd nen pièssla, si tratta di non prendersela.
"Finchè sulle labbra dei vecchi non compare un'altra espressione: L'è ura d'andè, E' ora di andare! Quella frase che da adulti si diceva ai bambini per mandarli a letto alla sera, ora da vecchi la si ripete a se stessi perchè si è ormai stanchi di vivere: vivere, infatti, è un mestiere e alla lunga stanca. E' ora di andare: rappacificata confessione di chi, seduto con lo sguardo sfocato,scruta la strada soleggiata fuori dall'uscio di casa o, d'inverno,il fuoco che crepita nel camino e che non si ha più la forza di rattizzare. Stanchi anche di chiedere l'aiuto degli altri, di aspettare che vengano a sostenerci, ad accompagnarci: di loro si ha bisogno, si sa anche che lo fanno volentieri, eppure non si vuole esser loro di peso... E' proprio ora di andare!".

1 commento:

MELCHISEDEC ha detto...

Mi fa piacere che tu lo abbia letto, ne vale la pena, no?
A Pa ho conosciuto da poco un sacerdote che "nasce" dalla scuola di Bose. Molto stile, molto.