Il poeta, candidato sindaco di Genova, Edoardo Sanguineti, sceglie la provocazione pesante per illustrare il suo programma:«Restaurare l’odio di classe, perché i potenti odiano i proletari e l’odio deve essere ricambiato. Oggi la merce uomo, il suo lavoro, è la più svenduta e chi dovrebbe averne coscienza, ossia la classe proletaria, non l’ha, inibita da una cultura dominata dalla tv»(Quando si leva il grido del poeta) Scandalo dei benpensanti: lotta di classe e odio di classe sono termini osceni oggi, impronunciabili nel teatrino politico corrente, perbenisticamente censurati da qualsiasi sinistra. Sanguineti aveva manifestato la stessa convinzione meno di un anno fa a Roma, nella Sala del Refettorio della Camera, durante la sua Lectio Magistralis in onore dei 91 anni di Pietro Ingrao organizzata dal Centro studi per la riforma dello Stato. Allora aveva aggiunto anche il termine«rivoluzione» e spiegato che «oggi è doveroso essere sgarbati per rendere evidente a tutti che viviamo in un mondo disumano, in cui il 98% delle persone vive una condizione di precarietà o di vera e propria miseria». Precisava, allora come oggi, che naturalmente non pensa alle armi («com’è noto sono assolutamente contrario alla violenza»): «Significa semplicemente non stare a danzare quel garbatissimo minuetto di parole che vorrebbe convincerci che tutto va bene e che quello in cui viviamo è l'unico nonché il migliore dei mondi possibili. Significa tenere aperta non la speranza per le prossime generazioni - di quella si riempiono la bocca tutti, tanto non ci tocca - ma la responsabilità che lega le generazioni adulte di oggi a quelle che le hanno precedute e a quelle che seguiranno».
Tocca ad un poeta settantasettenne, sia pure profondo intellettuale marxista, accollarsi il compito di supplire le carenze dei politici di mestiere, provocando una riflessione sulle contraddizioni dell'economia e della stessa politica .
Nessun commento:
Posta un commento